Zerocalcare – tra underground e fumetti
Nato a Cortona, Arezzo, dopo aver vissuto in Francia si trasferisce a Roma dove frequenterà le scuole superiori ed è da qui che inizierà la sua attività di fumettista, illustrando innumerevoli locandine per concerti e manifestazioni, oltre che copertine di dischi e fanzine, del giro punk capitolino.
Partecipa a diversi festival indipendenti come il Crack Fumetti Dirompenti al Forte Prenestino e altre numerose iniziative all’interno del circuito underground italiano.
Nel 2011 realizza il suo primo libro a fumetti, La profezia dell’armadillo .
Nel 2013 esce Ogni maledetto lunedì su due, raccolta delle storie del blog. Dello stesso anno è Dodici, racconto di genere apocalisse-zombi, una non troppo velata dichiarazione d’amore verso il proprio quartiere, Rebibbia.
Nel 2014 viene pubblicato Dimentica il mio nome, quinto libro dell’autore
Prima dell’uscita della seconda raccolta del blog, L’elenco telefonico degli accolli, a inizio 2015, sulla rivista Internazionale, Zerocalcare pubblica un reportage a fumetti intitolato Kobane Calling, in cui racconta la propria esperienza sul confine turco-siriano in supporto al popolo curdo. Il reportage, arricchito da una seconda parte inedita, è diventato un libro nel 2016, arrivato a vendere oltre 120.000 copie, vincendo il Premio Micheluzzi 2017 come Miglior Libro e che è stato tradotto in otto lingue.
Nel 2018 il successo viene confermato dalla mostra a lui dedicata Scavare Fossati – Nutrire coccodrilli, esposta al MAXXI di Roma.
Il 2019 è l’anno de La scuola di pizze in faccia del professor Calcare.
Ciao … 3 aggettivi per descriverti e 3 per descrivere i tuoi fumetti
Io: acetato, rosicone, approssimativo.
I miei fumetti: prolissi, rancorosi, approssimativi.
Chi porti di più Carmen Sandiego o Capitan Planet
In realtà mi stavano sul cazzo entrambi ma Capitan Planet di più, perché stava dentro Solletico, che col bambino Lenticchia rappresentava la risposta inadeguata e imbarazzante della tv di stato allo strapotere (purtroppo meritato) di Bimbumbam.
Come immagini che i tuoi lavori verranno visti tra vent’anni?
Secondo me ci starà una parte, quella relativa alle emozioni che racconto, che probabilmente rimarrà attuale nel senso che un certo tipo di disagio, di insicurezza, sono sensazioni universali e senza tempo né età. Invece tutti i riferimenti al contesto saranno completamente incomprensibili, ma già adesso rileggo le cose di qualche anno fa e ci trovo citazioni e battute di fatti di cronaca che ci sembravano entrate nella storia di sto paese (tipo la vicenda di Schettino, il famoso “salga a bordo cazzo”) che mi fanno domandare “ma che cazzo volevo dire qua?”.
Sei sempre stato all’interno del circuito punk, nell’underground romano e non, hai sempre preso parte ai vari festival indipendenti come ultimamente al Crack! al Forte Prenestino, dove presentavi un tuo disegno serigrafato da ScreamPrinting a sostegno delle spese processuali per il G8 di Genova.
Quello che ti volevamo chiedere è: cos’è che è migliorato e cosa invece peggiorato, dell’attuale scena underground italiana, sia in campo musicale che artistico?
Il campo musicale l’ho sempre vissuto da “spettatore”, e mi pare che il livello dei concerti punk a Roma sia ancora molto alto, sia in termini di band che continuano a nascere e a spingere sia di impegno di chi continua a organizzarli. Mancano quei concertoni coi nomi grossi storici che si facevano al Forte tre o quattro volte l’anno, ma alla fine quelli non penso che siano il termometro della salute di una scena. Poi quanto uno si diverte o meno credo che dipende dai momenti della sua vita, dalle comitive o dalle crew con cui sta bene e che nel corso degli anni possono nascere, morire, scazzare, cambiare aria… insomma è tutto molto soggettivo.
Per quanto riguarda la parte fumettosa invece la differenza in prima persona la sento molto di piu.
Con quasi tutti quelli che facevano fumetti fuori dal mainstream negli ultimi 15-20 anni ci siamo conosciuti in giro per banchetti, autoproduzioni, festival come Crack, perché banalmente gli spazi fuori dal mercato erano quelli, quasi sicuramente abbiamo condiviso le pagine di qualche fanzine. Quella è stata una palestra inestimabile, tanto che molti di loro sono riusciti a trovare un approdo nell’editoria vera e propria senza rinnegarsi e senza scendere a compromessi.
Oggi con Instagram e con i social un pischello che fa i fumetti non ha più bisogno di quegli incontri, può fare tutto da solo da camera sua e raggiungere una platea molto più grossa di quella che avevamo noi, e questa sicuramente è un’opportunità gigantesca, però è anche un impoverimento umano, ti manca tutta una parte di quell’esperienza di socialità che ti faceva sentire parte di una famiglia, mo ognuno pensa di starsi a giocare la sua partita da solo.
Lo scorso anno, in questo periodo, c’era la tua mostra “Scavare fossati. Nutrire coccodrilli” al Maxxi. Come hai vissuto quell’esperienza?
Bene, alla fine pensavo che era una cosa kamikaze: avevo deciso di metterci tutto, dalle cose sceme del blog che conoscevano tutti, ai manifesti con i punk che bastonano le guardie.
Questo perché mi ero rotto il cazzo di vivere con l’ansia che prima o poi i miei ignari lettori avrebbero scoperto che in realtà sono un mostro con delle posizioni indifendibili. Quindi ho deciso vabbé, prima che faccia lo scoop qualche giornale di destra indignato, meglio che lo faccio direttamente io, e come va va.
Ed ero pronto a una pioggia di sorpresa e indignazione. Invece i feedback sono stati molto buoni, sicuramente mi ha permesso di scremare qualche testa di cazzo, anche se credo che la stragrande maggioranza delle persone non abbia dato veramente peso a quello che vedeva: secondo me la gente pensa che quello che vede in un museo è qualcosa di eccentrico, che non rispecchia posizioni reali. Come se vedi l’installazione di uno che mangia la merda per 10 ore consecutive, pensi che sia una metafora di qualcosa, non pensi che l’artista ti sta dicendo che è giusto letteralmente mangiare la merda. Invece la roba mia sarebbe da prendere proprio a zero livelli di lettura, due che si menano so due che si menano, non sono “un’iperbole per rappresentare la discordia”, però vabbé.
Di cosa hai paura?
Che la gente a cui voglio bene si vergogni di me.
Miglior canzone dei Nabat?
L’italia degli sfruttati per me è bellissima anche fuori dal genere “nostro”, sennò ovviamente Tempi Nuovi.
Come stai affrontando questa quarantena? Stiamo vedendo il tuo “Bilancio dopo una settimana di quarantena“, pensi che quando finirà tutto avrà dei risvolti sul tuo lavoro o sarà solo un brutto periodo da dimenticare?
Se davvero “finisse”, sarebbe stata solo una parentesi (manco tutta da dimenticare per quanto mi riguarda).
La paura mia però è che non finirà a breve, e quindi avrà delle conseguenze pesanti sul lavoro sia in termini pratici che di contenuti (come per tutti quelli che di mestiere raccontano storie).
Da una parte io sto lavorando a un libro che esce a novembre in cui è rappresentata una vita e una normalità che rischia di non essere più quella che avremo davanti per i prossimi… mesi? Anni? Tipo i personaggi nel libro vanno al cinema, ci saranno ancora i cinema a novembre? E ci si potrà sedere accanto o distanziati? Boh?
Dall’altra, il mio lavoro è 50% fare fumetti e l’altro 50% girare di città in città come quelli che vendevano la lozione per i capelli nel west, a fare disegnetti presentazioni ecc… che da una parte è una rottura di coglioni infame, dall’altra è anche l’unico momento in cui uno incontra le persone per cui scrive/disegna/lavora. Se questa cosa non si potrà più fare, togli pure quel contatto umano e diventa tutto ancora più alienante.
Plumcake: semplice, gocce di cioccolato o integrale?
Semplice, ma perché semplice c’ha piu yogurt nell’impasto, so piu morbidi. Gocce di cioccolato so secchi, integrali so merda.
C’è stato un momento esatto dove hai capito che quella del fumetto era la tua strada o è stato un percorso naturale?
Non c’è mai stato un momento in cui ho capito che era la mia strada, io non lo consideravo proprio se non come una passione e un contributo per le cause che mi stavano a cuore, solo che man mano mi sono trovato a perdere tutti i lavori (in aeroporto, al call center, allo studio grafico, le traduzioni…) e a 28 anni praticamente mi erano rimaste solo le ripetizioni ai ragazzini e i soldi per un paio di mesi d’affitto.
In quel momento questa cosa del blog a fumetti è esplosa (provvidenzialmente), portandomi un po’ di liquidità con le autoproduzioni, poi sono arrivati gli editori, e di fatto in pochissimo tempo è diventata la mia principale fonte di reddito, e subito dopo l’unica, perché si è magnata il tempo per fare tutto il resto.
Mo non lo so quanto durerà ma io devo spigne per forza, perché non so fare nient’altro.
E’ più pericolosa l’avventura o letale la routine?
Io sono diviso esattamente a metà tra queste due cose. Mi serve qualcosa di estremamente stupido e rocambolesco ogni tot per potermi dare quell’adrenalina che mi consente di godermi i mesi successivi nella routine noiosa e confortevole.
Sei un appassionato di serie tv… ma con i film come sei messo? facci una topfive dei film peggiori
Madonna il mio odio eterno va a:
Tree of life, di Terence Malick, che pensavo fosse la più grossa rottura di cazzo mai vista.
Paterson, di Jarmush, che è riuscito a scalzare Tree of life dal podio delle rotture di cazzo.
Se mi lasci ti cancello, che tutti mi dicevano “noooo lo devi vedere per forza, non lasciarti ingannare dalla traduzione italiana, è un film bellissimo”. Alla fine l’ho visto e l’ho odiato.
American sniper di Clint Eastwood perché dopo Gran torino, Million dollar baby e Mystic river, si era guadagnato un credito di fiducia che ha buttato al cesso nel modo peggiore.
Tutti i film tratti dai fumetti della DC Comics negli ultimi 7 anni (dopo i Batman di Nolan per intenderci).
Hai mai fatto graffiti?
Si, da ragazzino ho fatto un sacco di tag in metropolitana e un paio di pezzi sia su muro che su treno. Ero una pippa infame. Ho smesso ma ho continuato saltuariamente a scrivere sui muri senza più velleità artistiche.
Tartaruga ninja preferita?
Non conosco nessuno che non direbbe Michelangelo, se non persone che si chiamano come le altre tartarughe di nome di battesimo.
Come tutti i grandi artisti, crediamo che anche tu ad un certo punto della tua carriera sei dovuto scendere a compromessi. Non vogliamo certo sapere come, quando, dove e con chi, ma se l’hai fatto, te ne sei pentito o comunque pensi che sia stato il normale evolversi delle cose?
In tutta sincerità non sono mai sceso a compromessi rispetto ai contenuti delle cose mie, magari ho usato linguaggi diversi per parlare a persone diverse, ma nel merito delle posizioni mie non ho mai dovuto mediare nulla. Però sicuramente ho dovuto condividere spazi (pagine di giornale, palchi, festival) con persone ributtanti. Ho cercato di farlo con un minimo di criterio e di tenere un equilibrio tra la merda che uno deve ingoiare per lavoro, e il margine di autonomia che mi è concesso. A volte ci sono riuscito, altre ho sbagliato completamente valutazione e mi so pentito come la morte.
Hai già superato la sindrome dell’impostore?
No ma io sono l’impostore vero, la mia non è una sindrome.
Ti rivolgi alla nostra generazione per background culturale, pensi di rimanere con questo target o cercherai di raggiungere anche i più giovani?
In realtà io alle varie sessioni di disegnetti incontro un sacco di persone molto piu giovani di me, di solito i venticinquenni sono la categoria più rappresentata… Questo un po’ mi rassicura, significa che comunque la roba mia parla pure a loro anche se ci passiamo 11-12 anni (conta che ci sono pure ragazzini di 9-10 anni che vengono a farsi firmare i libri, loro sono il vero mistero..), anche perché io non saprei proprio fare diversamente.
Non è che sto su tik tok o che mi guardo i programmi dei ragazzini, da quando non faccio più ripetizioni non ho neanche più un canale per conoscerli, insomma non saprei proprio come relazionarmi con persone più giovani.
Collabori molto spesso con serigrafie artigianali, molti tuoi lavori su t-shirt sono stampati da NuttyPrint, ma tu hai mai stampato in prima persona? Pensi che i laboratori di serigrafia abbiano ancora un ruolo rilevante all’interno dell’autoproduzione?
Yesss, quando ero proprio ragazzino con un amico (quello che nei fumetti è Secco) prendemmo un paio di telai e provammo a stampare delle magliette con scarsi risultati, poi negli anni successivi ho stampato qualcosa con la serigrafia 0stile, che ai tempi stava al Forte Prenestino, a cui non sarò mai abbastanza grato per le lezioni di stampa e di vita.
Penso che le serigrafie siano fondamentali nell’autoproduzione, anche se forse hanno in parte cambiato ruolo. Adesso che le stampe di ogni tipo (adesivi, cartoncini ecc) sono molto più accessibili di prima, la serigrafia non è più magari sempre il modo “più conveniente” in termini di costi/sforzi per stampare qualcosa, ma rimane quello più umano. Quello che conserva la componente più artigianale e artistica, che mantiene la possibilità dell’errore… per me una serigrafia vale come una tavola originale. E rimane il modo più onesto per applicare il Do it Yourself in ogni passaggio dell’autoproduzione.
Tutte le volte che ho fatto qualcosa con Nutty o con Screamprinting o con Passpartu, ho sempre avuto l’impressione che il risultato fosse un lavoro originale a più mani, non una cosa stampata su ordinazione.
Vitagrama…cosa ti viene in mente quando pensi a questa parola
Madonna quando ho visto che vi chiamavate così so rimasto folgorato, mi sembrava proprio perfetto per noi che non sappiamo mai goderci un cazzo.
Facci una domanda
Come fate ad averci la pazienza di lavare ogni volta i telai, non far chiudere i buchi, asciugarli co delicatezza ecc…? A me quella roba mi rompeva proprio il cazzo.
Bestemmiare aiuta!