Betterpress Lab
Betterpress Lab di Giulia e Francesca, Tipografe! Ma tipografe con la T maiuscola però. Se entrate nel loro laboratorio non troverete plotter o fotocopiatrici ultimo modello, ma pedaline, tirabozze, caratteri di legno e piombo del secolo scorso… e un amore sconsiderato per le lettere.
Chi Siete? Da dove venite? Cosa Portate?
Siamo Francesca e Giulia o Giulia e Francesca, che dir si voglia.
Francesca ha intrapreso un percorso artistico fino alla laurea in decorazione presso l’Accademia di Belle arti di Roma, con una particolare passione per la calcografia, la grafica d’arte e i processi alternativi di stampa, le frequenti residenze d’artista a Berlino, ma anche Budapest, e poi il Letterpress a Firenze grazie all’incontro con Melania Lanzini, Charles Loverme e Amos Jr Kennedy, il recupero della tradizione di stampa con caratteri mobili nostrana e l’attivismo oltreoceano.
Giulia si appassiona alle lettere da subito, legge qualsiasi cosa e prosegue gli studi classici laureandosi in filologia classica all’Università la Sapienza di Roma. Tesi sul dramma antico e passione per il teatro, doppiaggio e poi l’incontro (il RI-incontro dopo dieci anni) con l’amica di gioventù (adolescenza, dai!) e quello che era sempre stato sui libri lo trova in uno spazio che sta nascendo, Betterpress Lab. Insieme la linea e le lettere, Francesca e Giulia vanno alla ricerca di macchinari tipografici antichi, caratteri mobili, strumenti della stampa tradizionale abbandonati, veri salvataggi da un’estinzione certa, per nuove possibilità di creare un ponte tra passato e futuro attraverso la ricerca.
E poi attenzione, c’è un’altra Giulia con noi, scenografa, maga delle erbe, delle spezie e alchimista cromista. Ci serviva più colore! E poi fa delle polpette buonissime che ci fanno stampare meglio!
Cosa avete dato voi alla tipografia e cosa Lei vi ha concesso?
Cosa abbiamo dato noi alla tipografia? Mmmmh forse una nuova libertà. Abbiamo appreso la tecnica da tipografi in pensione che non credevano ai propri occhi nel vederci così appassionate e cosi testarde… ma noi volevamo dire qualcosa, non solo della storia passata, ma anche del quotidiano.
Del nostro personale e di un universale, perché le parole, i pensieri che son composti di lettere, sono di tutti, e anche questi bellissimi e rari caratteri di legno e di piombo da subito abbiamo sentito che dovevano essere un patrimonio condiviso e utilizzato.
Libertà dell’inutile, anche.
Non stampa per la riproducibilità ma per ricercare e creare… E la tipografia ce lo ha concesso, come se avesse molta voglia di giocare questo nuovo gioco molto serio. Si è concessa come strumento per pensare. Con la testa e le mani insieme.
Voi siete state un po’ tra i precursori della riscoperta della tipografia tradizionale qui in Italia, a Roma in particolar modo. Credete che la percezione verso i non addetti ai lavori, di quello che fate e dell’importanza di portare avanti questa tradizione artigiana è cresciuta nel tempo o restate “quelle che fanno i poster co quei pezzi di legno”?
Non siamo mai state “quelle dei timbrini”. Forse ci sono voluti un paio di anni all’inizio per raccontarlo bene, per spiegarlo non tanto con le parole ma stampando e facendo stampare. Ma a dire la verità sono state poche le persone che non hanno colto il mix di verità e magia che c’è nella stampa con caratteri mobili tradizionale. “Il tempo che ci vuole” come il “festina lente” di Aldo Manuzio sono una dimensione che le persone vogliono riscoprire per riappropriarsi di un tempo interno, un pensare e fare con le mani (e i colori!!!) collegati.
Ci affascina come spesso ci chiedano di tradurre con i nostri caratteri sensazioni e emozioni personalissime. Quindi sicuramente è molto più forte oggi la percezione che la “tradizione artigiana” è il veicolo di una ricerca artistica e di una sensibilità, mi viene da dire quasi presenza. Azione.
Spesso siete andate in giro per l’Europa e l’America, in cerca di tipografia o “letterpress studio’s” che si voglia… quale sono le differenze che avete notato tra “loro e noi”, se ce ne sono?
“Noi c’abbiamo la fantasia loro se la devono imparare” – …anche se la fantasia nun te la impari! (cit).
Negli USA il letterpress è ufficialmente materia di studio con docenti e cattedre dedicati, una riscoperta condotta fin dentro le università e i licei, ecco, in questo, qui da noi, siamo ancora distanti, diciamo. Sono anni che abbiamo il progetto di aprire una scuola e una galleria dove creare anche uno scambio e un dialogo con artisti, docenti e studenti d’oltreoceano, ma come “progetto indipendente” è una strada un po’ lunga ancora.
C’è un aspetto però, quello dell’attivismo – in Europa, in America, in Argentina – e forse è questo che ci accomuna di più fra tutti quelli che hanno scelto questo mezzo espressivo.
È proprio difficile dedicarsi solo all’estetica del vintage quando hai tra le mani la storia passata e quella che vivi, e vuoi farne parte, o anche trasformarla. !!
Quando avete iniziato, siete andate in giro per recuperare materiale tra vecchie tipografie ormai abbandonate da anni. Volete raccontarci qualche aneddoto che vi è rimasto impresso?
I “recuperi” sono storie alla Fitzcarraldo, davvero!
C’è tutto il peso del piombo, della ghisa e soprattutto della storia, che fa sudare emozionare e trattenere il fiato.
È come se tutti questi “oggetti inanimati” abbiano assorbito la vita di chi ci ha lavorato per anni di generazione in generazione.
Ecco perché il loro peso (quintali!) è soprattutto legato alle memorie e ai racconti di queste persone che spesso ci incantano e ci fanno sentire responsabili di qualcosa che non sappiamo definire, una specie di “custodia del fuoco”.
Un aneddoto: di quando in un rovente mezzogiorno di agosto chiedemmo in prestito a degli operai di passaggio un bobcat-miniescavatore offrendo loro in cambio una bottiglia di cocacola ghiacciata per aiutarci a estrarre un Saroglia tipografico da un garage che il braccio meccanico del camion per barche non riusciva ad agganciare nonostante “queste mani hanno spento er foco” (cit. Remo il trasportatore). Precisazioni: il tipografo aveva affermato di non ricordare se gli fosse rimasto “qualcosa” della sua vecchia tipografia. Il torchio tipografico in questione ha la sola area di stampa che misura 70 x 100 cm, non propriamente di modeste dimensioni, si direbbe, ma forse il bagno smontato che abbiamo trovato sopra di esso, aveva “distratto” il nostro amico.
Ma quanto è bello il poster “IL FUTURA E’ DONNA”? Cosa rappresenta per voi questo poster?
TANTO!
Non vi tedieremo raccontandovi che il carattere di legno utilizzato è un Futura di legno originale, o che il carattere è mio e decido io 🙂 Ma a parte gli scherzi, Storicamente le tipografie sono sempre stati luoghi tutti al maschile, per una riproducibilità seriale, frenetica, ripetitiva e commerciale, ma ancora prima, 35 mila anni fa, sappiamo che le donne lasciarono un segno sulle pareti con le incisioni rupestri, adesso ci piace immaginarci all’interno di una tipografia contemporanea come in quelle grotte.
Il futura è donna, come a dire la fantasia è donna.
Ora piccolo momento orgoglio, per rivelare che questa stampa è piaciuta molto in Germania, durante la recente mostra collettiva per il LPW (Letterpress Workers) al Museo della stampa di Lipsia (Museum Fur Druck Kunst Leipzig)
Fateci una classifica dei 5 libri da leggere, assolutamente!
per iniziare…
Julio Cortazar, Un certo Lucas.
Jorge Amado, La bottega dei miracoli.
Tutto shakespeare, Gianni Rodari e Italo Calvino.
Ma anche: “L’alba dei Libri” di Alessandro Marzo Magno, “Il maestro di Garamond” di Anne Cuneo, e “Il medium è il massaggio” di Marshall McLuhan …. e…. e…..sicuramente ci sentiremo male per non averne menzionati molti altri.
Come state vivendo questo periodo di “pandemia” e come sta influenzando quello che fate?
È difficile. Soprattutto manca quella dimensione collettiva, di gruppo così caratteristica della didattica per le Accademie d’arte italiane e straniere che era gran parte della nostra attività, come anche i workshop di gruppo in cui durante una giornata di stampa si incontravano persone diversissime che si ritrovavano a progettare, comporre e stampare insieme scambiandosi abilità in un confronto sempre interessante e di ricerca. Ecco, i ragazzi, anche quelli più giovani della scuola secondaria, il brilluccichio degli occhi che scoprono qualcosa che pensavano distante, lontano dalla loro realtà, e invece è più vicino di quello che sembra, la storia del passato è nel presente, nelle loro mani. Questo manca.
Come gli eventi, le presentazioni di libri, esposizioni, tutti quei momenti di condivisione, proprio perché è da questo che è partito il nostro progetto.
Quindi prima ancora dell’aspetto puramente materiale, che è evidente ed ha colpito tutti, c’è questo che è cambiato; abbiamo poi ripreso con workshop individuali o di coppia come segnale di resistenza, per non interrompere un dialogo, un modo di essere e di fare, stando attente ovviamente alla sicurezza di ciascuno. Sai, fin dai tempi di Aldo Manuzio la tipografia, il laboratorio è stato il posto dove ci si incontrava e si discuteva di quel che succedeva, e un po’ la sensazione è rimasta quella del 1500… Che si dice? Che c’è di nuovo? Ma più importante adesso è fare la propria parte nella lotta al virus che per il momento è prevenzione e riduzione del rischio dei contagi. Aspettiamo come tutti il momento in cui saremo al sicuro e potremo ritrovarci in molti tutti insieme. Diciamo che tanti sono i progetti che si sono bloccati a causa della pandemia, ma li abbiamo solo rimandati, ecco, ci sono e continuiamo a curarli. Pronti per fiorire a primavera.
Per ora il nostro motto è “SAFE AND CREATIVE!”
Quali sono le vostre fonti da cui traete maggiore ispirazione per i vostri poster?
Persone, incontri, letture, avvenimenti. Quando stampiamo nostri progetti spesso nascono da noi per come stiamo nella vita, parlo sia dei rapporti personali che delle cose che accadono nel mondo. A volte viene fuori come un’urgenza, una protesta, a volte è una poesia quotidiana in prosa. Magari capita un momento dialettico e la “questione” si allarga, si arricchisce di punti di vista, e piano piano cerca una forma per uscire allo scoperto attraverso una composizione tipografica! e succede questa cosa particolarissima che mentre cerchiamo i caratteri più adatti, in realtà sono loro dai loro cassetti che mostrandosi ci rivelano ulteriori possibilità che magari non avevamo pensato. È questa una delle cose più belle della “stampa diretta”: il fatto di poterle toccare le lettere! Poi c’è tutta una ricerca sulla linea e sul segno e sulla nascita della scrittura che ci intriga assai e che dopo alcuni lavori ed esposizioni non smette mai di fiorire sottopelle come filo costante di una ricerca.
Quando invece ci viene richiesta un’opera è come un innamoramento, bisogna incontrarsi, intuire quello che vibra sotto il racconto, lì in mezzo al commercio delle parole comuni, sentire il suono di una sensazione per cercare poi come tradurla con i caratteri e i colori… sì, è innamorarsi ogni volta!
Miglior tipografo, uno attuale e uno del passato, preferito?
Abbiamo un debole per il nostro caro Aldo Manuzio, su questo non possiamo mentire. Ma c’è un tipografo che è un umanista nel senso vero dell’attenzione per l’umano e per la cultura (non solo tipografica!) che sia chiama Enrico Tallone. È un prezioso maestro. Di oggi.
Qual’è il carattere a cui siete più legate e perchè?
L’amore vero? Si chiama Semplicità. Eleganza, ritmo e alcune linee inattese lo rendono forse il nostro preferito.
Ma siamo molto legate anche al Lapis. Lui ci ha mostrato inequivocabilmente l’importanza della bellezza tangibile. Detto meglio. È con la scoperta della sua versione digitale – che non gli rende alcuna giustizia – che abbiamo capito fortemente perché la fatica della tipocomposizione (specialmente con i caratteri di piombo per i formati piccoli) vale davvero la pena: perché è la sola a restituire una vera bellezza da toccare impressa sulla carta che dà gioia anche agli occhi.
Il digitale in cui le linee originali sono rimaneggiate e rivisitate per adattarsi ad un mezzo differente, va bene per il video che fruisce con altri tempi e altra attenzione quello che vede sul monitor. Per la pelle che tocca e l’occhio che usa la luce del sole per guardare, è per questa forma di piacere, forse, che esistono la tipografia e i caratteri di piombo.
Capita di annoiarvi mai nel vostro lavoro?
Mai. Noi ci divertiamo anche quando ci annoiamo!
Forse perché non sappiamo proprio cos’è annoiarsi. Tutt’al più se qualcosa non torna la cambiamo, la trasformiamo, la miglioriamo… aggiungi un po’ di giallo qua, un tocco di turchese là…
Musica e tipografia, come vedete questa combo? Visto che ci siete fateci anche una top 5 delle canzoni che suonano più spesso nel vostro laboratorio
La tipografia è ritmo e armonia.
Quando stampiamo mente e corpo si uniscono, vanno insieme. Ci sono alcune volte in cui abbiamo bisogno di silenzio, ma spesso non possiamo fare a meno di metter su un bell’album.
Volete sapere il genere? Dal jazz all’elettronica alla classica, ma non solo… davvero a pensarci bene la musica è così importante che non potemmo mai rinchiuderla in una top 5, per questo abbiamo pensato di farvi un piccolo regalo; una playlist Tipografica intitolata “Festina Lente” vi diamo direttamente il link della nostre playlist fatta apposta per Vitagrama e i suoi lettori https://open.spotify.com/playlist/7KxpxMIgUnCMZJhHUR3Ez2?si=TZN93KeKSgCj-r5QZWR7cA
Vitagrama, cosa vi viene in mente?
Vitagrama…sa di Melograno.
C’è da combattere un po’ con la vita, ma quanta bellezza!!
Fateci una domanda
Ma come fate a fare domande che ci viene voglia di raccontarvi proprio tuttotuttotutto di noi? 🙂
Tutto merito della tipografia!
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è che siete proprio belle! 🙂 vi voglio bene! 🙂