Roberta Joe Muci – c’è vita oltre il graphic novel!
Roberta Muci, in arte Joe, è nata in provincia di Lecce nel 1993 ed è emigrata a Bologna nel 2012.
Qui ha conseguito una laurea in Fumetto e illustrazione presso l’Accademia di Belle Arti, ha conosciuto l’underground e ci si è trovata proprio bene.
Dal 2013 partecipa con le sue autoproduzioni ai festival indipendenti di tutta Italia e dal 2016 fa parte del collettivo Olé – Oltre l’editoria, con cui ha organizzato le tre edizioni dell’omonimo festival presso Xm24.
Con Diabolo Edizioni ha pubblicato un racconto nell’antologia Materia Degenere, 2018.
Ciao Roberta, iniziamo subito…tre aggetti per descriverti
Prolissa*. Incapace (di rispondere a questa domanda). Insoddisfatta (sempre alla ricerca di modi per scamparla).
E tre invece per descrivere il tuo lavoro ?
Confusionario, potrebbe-fare-di-più, vittima (di me che ascolto sempre più la testa che le mani).
Quando hai iniziato a disegnare?
Sarò banale, disegno da quando ho memoria.
Anche se sarebbe più corretto dire che ho memoria da quando disegno, perchè è a questo che serve il disegno ai/alle bambini/e: a capire, conoscere, appropriarsi prima del proprio corpo, poi dello spazio, poi del mondo, quindi a ricordare.
Per questo, chi non continua a farlo, se ne dimentica.
Il disegno da piccoli/e ci è servito a crescere. Crescendo a smettere di farlo.
Perchè hai scelto il fumetto come mezzo per esprimerti?
Ora come ora mi viene da chiedervelo io, perchè? Seriamente, perchè?
Ironia a parte, sono arrivata al fumetto perchè da piccola volevo fare la stilista. E volevo fare la stilista sia perchè ero, e sono, completamente innamorata dei linguaggi espressivi della moda, che ha sempre tanto da dire sulla società e la storia in cui siamo immersi, sia perchè mi permetteva di fare l’unica cosa che veramente mi andava di fare tutto il giorno: disegnare donnine.
Mi è sempre piaciuto disegnare il corpo umano. Col passare del tempo ho preso a caratterizzare sempre di più le “modelle”, avevano dei nomi, dei gusti, una storia e un carattere personale. Contemporaneamente ho iniziato a leggere manga, perchè dalle mie parti c’erano solo le edicole, ancora non esisteva internet nelle case dei comuni mortali, e sono incappata in Nana di Ai Yazawa, che è un manga pieno di: donnine, Sex Pistols e Vivienne Westwood. Sono letteralmente esplosa, avevo 12 anni.
Quell’estate poi è successo un fatto decisivo: passeggiavo nella piazzetta della mia città, sul lungomare, e vedo questi due ragazzi seduti per terra, con una dozzina di originali stesi attorno, sul marciapiede. Disegni bellissimi. Mi ci sono avvicinata come fossero animali rari, era la prima volta che incontravo qualcuno over 12 che disegnasse e soprattutto: forestieri! Mai visti. Avevano i piercing: praticamente i Guns’n Roses.
Mi hanno raccontato del loro “Collettivo Mensa”, di Firenze.
Parlavano di fumetto, finsi di capire per tutto il tempo, anche quando uno di loro mi disse “…ma sai, ormai Pazienza è morto”. Bam.
Nel frattempo era arrivato l’adsl, su Andrea Pazienza Google dava tipo 12 risultati.
Sono andata dal mio libraio di fiducia, il suo portale segnalava la prima ristampa di Zanardi a cura della Fandango, l’ho ordinato. Il 25 dicembre l’ho scartato con i miei sotto l’albero di Natale ed è iniziato tutto.
*Ve l’avevo detto.
Artista preferito?
Andrea Pazienza, Vivienne Westwood, Jenny Holzer, Anselm Kiefer, Pipillotti Rist, Marina Abramovich, ma è una risposta sommaria a una domanda difficile.
Nel 2018 è uscito “Materia Degenere”, un fumetto a cinque mani, tutto al femminile. Vuoi parlarcene? Di cosa parla, qual è il messaggio che avete voluto far arrivare o che comunque ti sembra che sia arrivato con questo libro?
E’ sempre bello parlare di MD! (Il quarto aggettivo era simpatica).
Però vi bacchetto subito, Materia Degenere non è un fumetto tutto al femminile, nasce da un’idea di Marco Galli che ne è il curatore e capo cantiere. Il produttore è stato Satana, con il prezioso contributo del nostro editor Riccardo Zanini, accompagnato da Elisabetta Tramacere, della Diabolo Edizioni.
MD non parla di niente, nella stessa misura in cui parla di tutto. C’è dentro la vita che torna e la voglia di giocare un pò con le presunte imposizioni dell’editoria italiana.
Innanzitutto è un libro sui generi, narrativi però. Non è un libro in cui conta il genere delle autrici, avremmo potuto non firmarlo, non era quello l’obiettivo, non direttamente. Indirettamente poi è emerso anche questo e ne siamo felici. Però il “fumetto al femminile” non esiste, non è un genere. Esistono autrici donne e raccontano quel cazzo che vogliono, come tutti\e gli autori\autrici e i lettori\lettrici del mondo. I generi che abbiamo sviluppato, stravolto e beffeggiato sono cinque: western, fantascienza, noir, thriller e body horror.
Non so quale sia il messaggio arrivato, quelli sperati sono: divertitevi coi fumetti e non fatevi dire cosa si può o non si può fare da editori che si preoccupano solo del portafoglio (il loro) e non abbiate paura a chiedere una mano, quando le vostre non bastano.
Hai effettuato diverse presentazioni in giro per l’Italia, c’è qualche aneddoto particolare, qualche domanda, qualche chiacchierata, che più delle altre ti ha fatto capire l’importanza del lavoro che avete fatto con questo fumetto?
Sarò sincera, ripensarci mi provoca una nostalgia feroce. Sono stati mesi bellissimi, in cui ho sentito veramente che tutto stesse andando per il meglio.
Perchè ero con le mie sorelle, o quelle che pensavo lo fossero. E sopratutto perchè mi ha lasciato un’eredità affettiva enorme, in primis Riccardo ed Elisabetta che sono diventati davvero dei fratelli maggiori a cui devo moltissimo.
Sapete, io impiego un sacco di energie a dare contro a tutto, invece mi si è aperto un mondo di fiducia reale nell’editoria nostrana e ciò che ci ruota attorno.
Forse lo faccio proprio per stupirmi del fatto che non sempre serva.
Poi l’ultima presentazione di MD l’abbiamo fatta ad Xm24 e questo è il ricordo più bello che ho.
Il fatto che questo libro abbia aperto dibattiti interessanti, profondi e divertenti in spazi come Xm24, grazie ai compagnu di Olé, come allo Scugnizzo Liberato nei giorni di Uè, con la spalla di Alessandra Oricchio e Valerio Bindi, l’Ex Caserma di Bari con mia sorella Kate e i ragazzi di Serio Collective a Milano e il Borda!Fest a Lucca, è stato grandioso.
Le domande sono state tutte necessarie, in primis poter ribadire il discorso di genere, perchè la domanda di rito cominciava sempre con “siete tutte donne” ed era una gioia poter rispondere “e sti cazzi?”.
Bada bene, ci sono casi in cui son cazzi sacrosanti, che sia una o più donne a parlare. Ma a volte questo discorso si affronta proprio affermandone la non necessità, con cognizione di causa, chiaramente.
E aggiungerei anche un punto a me molto caro: il racconto breve! Quanto mi piace, io ho sempre fatto solo racconti brevi, pochi per giunta, perchè in realtà il fumetto lo soffro moltissimo, ma lo amo (praticamente è mia madre).
Poter girare l’Italia con una raccolta di racconti brevi tutta matta è stata una grande vittoria per tutti e tutte noi della ciurma degenere. Giovani folli fumettisti e fumettiste: c’è vita oltre il graphic novel.
Balli mai quando non c’è musica?
Esiste un solo momento senza musica? E’ difficile che io non stia ascoltando musica. Sia per mia volontà sia perchè ahimè vivo con Inchiostro Lisergico e quel ragazzo arriva con già in dotazione un qualsiasi strumento di riproduzione audio.
Però sì, ballo anche quando non c’è. Ballo sempre quando son sola.
Nella vita è meglio avere ragione o essere felici?
E’ meglio avere torto secondo la maggior parte della gente, ed esserne felici.
Come stai vivendo questo periodo in casa? Ti sta in qualche modo dando nuovi stimoli per i tuoi lavori?
Lo sto vivendo con una sottile paura del fatto che io stia benissimo.
A volte penso che sarebbe più “normale” provare un pò di tristezza o nostalgia, mi mancano giusto un paio di persone e i miei gatti, per il resto sono immersa in uno strano benessere.
D’altronde, da sempre, io passo moltissimo tempo “con Roberta”, è proprio il modo in cui lo percepisco, e mi piace.
Sto cucinando tanto, leggendo tanto, studiando tanto, disegnando poco. Sto avendo molti nuovi stimoli per i miei lavori ma non quelli a cui credo vi riferiate voi, oggi ho passato molto tempo a studiare i display espositivi introdotti da Barr al MoMa di NY nel 1932, ma temo che vogliate parlare d’altro, ahah.
Ma ho anche tante idee per delle illustrazioni, le immagino bellissime.
Le immagino però, non le disegno, adesso non ne ho voglia e i disegni fatti senza amore non possono restituirne.
Anche tu vivi a Bologna e fai parte dei vari collettivi che ruotano intorno all’XM24. In particolare volevamo chiederti quali sono state o sono tutt’ora le lotte e rivendicazioni che più condividi, portate avanti in questi anni nella tua città?
E’ difficile fare un elenco e dare un nome specifico a “le lotte e rivendicazioni” che ho seguito e a cui ho partecipato in questi anni, perchè tutto ciò che è avvenuto e avviene nei collettivi e intorno a Xm24 è un percorso unico, che ingloba linguagi e tematiche diverse e interconnesse tra loro. Io condivido e sono solidale con tutte le azioni che abbiano come fine la libertà di tutte e tutti e la distruzione del potere e del sistema capitalistico e verticale, che in questa città, corrosa dallo stillicidio della gentrificazione, è un problema reale.
Quando ci siamo conosciuti, eravamo a Lucca e ricordo che tu facevi presentazioni dei tuoi lavori sia al LuccaComics che al BordaFest, due festival nella stessa città, negli stessi giorni, ma che fanno parte di due mondi molto diversi e conflittuali tra di loro. Come hai vissuto questa “dicotomia”, se così si può dire ?
L’ho vissuta imprecando. Perchè personalmente sono estramamente a disagio nella folla e ho il ricordo di quanto mi facesse schifo stare stretta in quel muro di gente, talmente tanta che impiegavo un’ora a piedi per andare dal Baluardo di San Martino a Piazza Napoleone, un luogo scomodissimo, claustrofobico, senza servizi igienici per artisti ed editori.
Ma a parte il disagio personale, non credo che sia da vedere come una dicotomia. Non credo ci sia da giustificarsi, in nessun caso; parlando del mio, io son finita al Comics con una casa editrice che amo e che, appena chiuso lo stand, ci raggiungeva al Borda per partecipare alle presentazioni, bere birrette tra amici veri e sostenere i banchettari.
Lucca è stata una passeggiata per vedere meglio cosa fosse, non ci ero letteralmente mai stata, neanche da visitatrice; il BordaFest è casa, è dove batte il cuore e dove spero di tornare ogni anno.
Ad ogni modo, non credo che sia di nessuna utilità pensare che il conflitto tra le diverse realtà debba riversarsi nelle scelte personali e professionali di autori e autrici. Sono cresciuta nelle biblioteche e leggo una quantità di narrativa, fumetti e saggistica edita da case editrici di punta, i demoni non sono i libri e i\le loro autori\autrici, ma il sistema di mercificazione che c’è dietro.
Non pagherei mai per entrare al Comics, ma questo non ha a che a fare col lavoro di autori e autrici, chi deve aprire gli occhi sono in primis le case editrici, soprattutto quelle indipendenti.
Hai mai fatto delle mostre? Cosa ne pensi?
Sì, ne ho fatte diverse.
Beh, nella vita vorrei fare la curatrice d’arte contemporanea, sto finendo la mia specialistica esattamente in questo, secondo voi cosa ne penso?
Insomma, le mostre sono dei dispositivi fluidi, molto fluidi, esistono musei fondati in cassettiere (penso al Museo del’ OHM, che è un’ istituzione museale vera e propria) le cui mostre, temporanee e permanenti, hanno luogo in cassetti; o mostre di Land Art che non sono neanche visibili ad occhio nudo; così come le mostre che abbiamo organizzato negli anni ad Olé e negli altri feltival, su muri sconnessi, al buio, per aria, ognuna bellissima.
Non credo che si possa avere un pensiero su “le mostre” in generale, mi spiace.
Stai lavorando a qualcosa di nuovo?
No, direi di no. Voglio concentrarmi su alcuni progetti che stiamo costruendo con Olé (presto ci faremo sentire). Inoltre, uscirà (non so quando) un mio nuovo racconto a fumetti, in un’antologia tutta matta edita da FeltrinelliComics, ho finito di lavorarci da poco, ora tregua dalle vignette.
Quali sono i film che potresti guardare e riguardare senza mai annoiarti
Doom Generation di Gregg Araki (in generale tutti i suoi), Paprika di Satoshi Kon, My own private Idaho di Gus Van Sant, American Beauty di Sam Mendes, 8 e mezzo e Giulietta degli spiriti di Fellini.
Quali sono invece quei libri che ti sei ripromessa di non leggere mai più
Aiuto. Allora, faccio questa pubblica confessione: io ho letto tipo tutti i libri di Michele Serra.
Mi divertono ma non so perchè, forse ho un latente feticismo per il paternalismo? Comunque non gli rileggerei. Stessa cosa per gli ultimi di Ammaniti e Palahniuk.
Se ti diciamo Vitagrama, a cosa pensi?
A quel giorno magico durante Olé 2 in cui mi avete portato la shopper nera con Gabriella Ferri, che vi avevo chiesto, e ho scoperto che c’era anche in viola: amore folle. Poi penso all’amicizia, alle birrette e quanto amo tutto ciò che fate.
Ora basta, facci tu una domanda
Prima o poi mi chiederete una grafica o devo mettermi a piangere in ginocchio sui cocci rotti sotto al banchetto?
L’inchiostro è pronto, il telaio costruito, la giostra oliata, manca solo il tuo disegno… manca solo il tuo disegno, perchè non ce l’hai ancora inviato?
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Grande Roberta! Dal tuo capo cantiere preferito (spero…).